…per aprire nuove opportunità di crescita
Ogni volta che si stilano classifiche sui marchi italiani più appetibili per gli investitori internazionali, che si giudicano le aziende italiane alla ricerca di quelle con maggiori potenzialità, o che semplicemente si considerano le tante cessioni di proprietà italiane a grandi gruppi internazionali ci sono alcuni elementi ricorrenti. A farla da padrone sono spesso le aziende del settore dell’abbigliamento e della moda, dell’alimentare, dell’arredamento, di alcuni comparti della meccanica e della produzione di macchine industriali. Si tratta di aziende familiari con una forte connotazione di Made in Italy, che hanno saputo consolidare nel tempo la presenza sui mercati internazionali, che hanno fatto della qualità del prodotto un elemento caratterizzante dell’offerta, ma che oltre a tutto questo hanno un ulteriore elemento in comune: un fatturato di solito superiore ai 100 milioni di euro.
Certo, la dimensione non è l’unico elemento di valore, come testimonia il gran numero di aziende che ricadono nella stessa fascia di fatturato e che non sono ricomprese in nessuna classifica. È peraltro vero che, laddove siano presenti una serie di altri elementi di eccellenza, la dimensione continua a fare la differenza.
Senza voler, con questo, entrare in annosi dibattiti sulla dimensione ottima delle imprese e dover scegliere tra piccole dimensioni e flessibilità, da una parte, e grandi dimensioni ed efficienza, dall’altra, forse vale la pena fare qualche riflessione, soprattutto in uno scenario competitivo che è molto cambiato in questi anni, sul tema della crescita per le imprese di piccole e medie dimensioni.
La dimensione non è tutto
È chiaro che una certa dimensione sia auspicabile in quanto consente alle aziende di sfruttare le economie di scala nella produzione, di incrementare il potere contrattuale con clienti e fornitori, di disporre di più ingenti risorse da investire, di esercitare un fascino maggiore su risorse umane e partner di valore, di avere in estrema sintesi maggiori opzioni strategiche da esercitare in numerose situazioni. È altrettanto vero che aziende più piccole hanno il vantaggio di una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, la capacità di adattarsi più facilmente a cambiamenti di mercato, si confrontano con una minore complessità da gestire, offrono all’imprenditore la sensazione di mantenere con maggiore tranquillità il controllo sull’azienda e sul processo decisionale.
Sembra quasi che, di fronte a questa duplice possibilità, tutte le aziende debbano decidere da che parte schierarsi, scegliendo il destino che preferiscono o che sentono più vicino alle loro caratteristiche. In realtà, posta in questi termini, la questione può essere fuorviante.
Puntare all’eccellenza per creare opportunità di crescita
Invece di far prevalere una logica dimensionale che ci porta a distinguere il mondo tra aziende ‘piccole’ e aziende ‘grandi’, forse sarebbe opportuno cominciare a porre l’accento sulle modalità di gestione e distinguere la realtà tra aziende ‘ben gestite’ e aziende ‘mal gestite’. Un approccio che cambia completamente la prospettiva degli imprenditori, in quanto se si possono avere opinioni diverse rispetto alla dimensione a cui ambire, nessuno mai potrebbe desiderare di gestire l’azienda con modalità non appropriate e perdere così delle opportunità di profitto.
Come si sente da più parti ripetere, le aziende oggi, per poter sopravvivere con successo non possono più permettersi di avere solo competenze tecnico-produttive, che pure sono state fondamentali per i successi ottenuti negli scorsi decenni. La gestione deve essere più ‘rotonda’ e, mentre si continua a perseguire l’eccellenza produttiva, le aziende devono essere in grado di sviluppare il proprio brand, di proporsi nei mercati internazionali, di selezionare e gestire le risorse di valore, di utilizzare i moderni canali di comunicazione, di produrre i dati necessari a supportare il processo decisionale, di generare innovazione in tutti gli ambiti della gestione.
Se un’azienda riesce a fare tutto questo, è quasi inevitabile che cresca. Se ha sviluppato un prodotto di qualità, se riesce a comunicare con i clienti domestici e internazionali, se gestisce le relazioni con professionalità, finisce quasi inevitabilmente per incontrare il gusto dei clienti selezionati, per rispondere ai loro bisogni e per aumentare il proprio giro d’affari.
Senza esitazione, pronte ad affrontare qualche difficoltà
Certo, il passaggio è di non poco conto e qualcuno si potrebbe anche spaventare per gli investimenti da sostenere, per il dubbio che i propri collaboratori non siano perfettamente all’altezza, per la difficoltà di tenere testa a un cambiamento del genere, rimanendone protagonista, per la dispersione del controllo sulle decisioni e sulla proprietà dell’azienda che si potrebbe generare. Di qui la tentazione ricorrente a conservare lo ‘status quo’, a fuggire dalle tentazioni di una trasformazione che potrebbe apparire difficile da governare, a ritagliarsi una nicchia nella quale sentirsi più a proprio agio.
Di fronte a pur condivisibili timori, tuttavia, la scelta di fare un passo indietro e non puntare in maniera decisa verso lo sviluppo manageriale dell’impresa, quale indispensabile precondizione per crescere, sembra più rischiosa che in passato, in quanto le aziende meno complete in termini di competenze possedute potrebbero fare più fatica a costruire un posizionamento difendibile nel tempo ed essere tagliate fuori dalla competizione internazionale. In altre parole, molte delle nicchie nelle quali le piccole imprese si sono per tanto tempo arroccate potrebbero non essere più un porto sicuro in futuro e le aziende potrebbero trovarsi in difficoltà.
In estrema sintesi, condurre una piccola e media impresa lungo un sentiero di successo dipende, in gran parte, dalla capacità dell’imprenditore e dei suoi collaboratori di dare continuità al suo processo di sviluppo. Tale processo di sviluppo sempre più difficilmente nel medio periodo sembra poter prescindere dalla crescita dimensionale. In primo luogo, perché le aziende meglio gestite creano inevitabilmente spazi per conquistare nuovi mercati, per servire nuovi segmenti di clienti, per offrire nuovi beni e servizi e, per questa via, accrescere le proprie dimensioni. In secondo luogo, perché gli investimenti necessari ad arricchire lo spettro di competenze comportano un inevitabile aumento dei costi fissi e fanno sì che, di conseguenza, le condizioni di equilibrio economico si raggiungano su dimensioni di fatturato sicuramente più elevate.
E allora, se la crescita dimensionale diventa quasi un’inevitabile conseguenza di modelli di gestione eccellenti, l’auspicio è che si cominci a valutarne con attenzione le implicazioni e che ci si doti in tempi relativamente rapidi degli strumenti necessari a governarla. Solo in questo modo il processo di crescita contribuisce realmente ad accrescere il valore dell’azienda.