…per migliorare la qualità delle decisioni
A pensarci bene, capire cosa debbano fare le aziende per accrescere la propria competitività potrebbe apparire, in estrema sintesi, piuttosto semplice: per raggiungere e dare continuità al successo, ogni azienda è chiamata ad “assumere con continuità buone decisioni”. Un concetto chiaro, difficile da mettere in discussione, non altrettanto facile da realizzare.
Selezionare le competenze e approfondire i contenuti
E se “prendere buone decisioni” diventa l’obiettivo finale, le competenze che le aziende possiedono diventano un ingrediente fondamentale per raggiungere questo nobile scopo. Per “far bene” occorre “conoscere”, sapere di cosa ci stiamo occupando, essere esperti dei contenuti da affrontare, aver maturato capacità di confronto tra posizioni e visioni differenti (fig. 1, A). Tanto più in un contesto difficile da fronteggiare perché fare impresa oggi impone di presidiare mondi differenti, perché le aziende vivono un contesto in continua e profonda trasformazione, perché i concorrenti sono più forti che in passato.

Per dirlo in termini più formali, le aziende che oggi puntano a fare la differenza: i) devono costruire un portafoglio di competenze ampio, che consenta di presidiare gli aspetti decisivi del fare impresa; ii) devono sviluppare un livello di competenze profondo, per poter primeggiare rispetto a concorrenti agguerriti; iii) devono continuamente aggiornare queste competenze per seguire e anticipare cambiamenti sempre più repentini.
Da questo assunto deriva una prima indicazione di comportamento per le aziende, che consiste nell’individuare le competenze su cui puntare per costruire le proprie chance di successo e investire su di esse. Una scelta non facile da realizzare, vuoi perché gli investimenti richiesti da numerosi fronti di competenze mal si conciliano con la disponibilità finanziaria e di risorse umane, vuoi perché sempre più competenze soft e meno direttamente collegate al prodotto si stanno rivelando in molti casi decisive: dallo sviluppo di nuove tecnologie, alla gestione delle risorse umane, alla capacità di segmentazione della clientela, alle conoscenze dei mercati internazionali, al presidio dei canali digitali, allo sfruttamento dei big data, solo per fare qualche esempio.
Se tutto, bene e subito non è quasi mai possibile fare, ecco allora che selezionare alcune aree di investimento in cui provare ad eccellere, convinti che siano quelle che più di altre, anche in considerazione delle specificità aziendali, possano fare la differenza, è una strada interessante da seguire.
Rendere fruibili le competenze, costruendo adeguati strumenti manageriali
Le competenze in sé, seppur di livello avanzato, non sono una garanzia assoluta di arricchimento del processo decisionale e di miglioramento dei risultati aziendali. È necessario che le competenze diano vita a strumenti manageriali che possano essere impiegati per rafforzare la capacità di analisi e di lettura del business, per individuare tempestivamente eventuali aree di criticità, per indirizzare al meglio gli investimenti e le opportunità di sviluppo (fig. 1, a1).
Non è infrequente assistere a casi in cui le aziende dispongano di un buon livello di competenze tecniche che non si traducono in altrettanto validi strumenti manageriali. Per esempio, quando la funzione amministrativa si concentra sulla pura redazione del bilancio aziendale e non predispone analisi economico-finanziarie per le differenti aree di business, che sono i veri ambiti decisionali. O anche quando la funzione di gestione delle risorse umane non si spinge fino alla realizzazione di sistemi di valutazione delle performance dei singoli collegati al livello di remunerazione, né individua altre modalità efficaci per motivare le risorse.
Qualora questo dovesse accadere e l’azienda, in un’area specifica, non riesca a dotarsi di strumenti idonei per una efficace gestione, occorre intervenire tempestivamente, rafforzando se necessario le competenze di base e cercando di migliorare la qualità degli strumenti manageriali (fig. 1, a2).
Utilizzare gli strumenti manageriali per migliorare i processi
Disporre delle informazioni corrette relative ai costi di prodotto, articolare i risultati aziendali per linee di business e utilizzare queste informazioni per misurare i responsabili di divisione, utilizzare un cruscotto di indicatori per monitorare i risultati commerciali sui singoli mercati esteri, aver definito in modo chiaro ruoli, mansioni, responsabilità e piani di sviluppo per ciascuna risorsa interna sono solo alcuni degli strumenti manageriali indispensabili per guidare sapientemente le realtà aziendali. Anche qui però occorre prestare attenzione che tali strumenti non siano visti come il punto di arrivo dello sviluppo manageriale, ma che siano invece funzionali a stimolare il comportamento dei singoli, a favorire il confronto interno e, in ultima analisi, a rafforzare il funzionamento dei processi (fig. 1, b1).
È fondamentale cioè disporre di conoscenze robuste in materia di analisi commerciale e di pianificazione finanziaria (contenuti), è necessario definire le linee guida e i principi alla base delle previsioni di budget (strumenti), ma è ancora più importante che tutto questo sia utilizzato per definire un processo di budgeting capace di coinvolgere e responsabilizzare i singoli, idoneo a favorire lo sviluppo di una visione comune e a definire obiettivi condivisi, che siano alla base di un piano di attività dettagliato e da monitorare con attenzione (processi).
Non di rado invece le aziende si trovano di fronte a processi che non supportano il processo decisionale come dovrebbero, vuoi a causa di strumenti che devono essere migliorati in una logica di apprendimento continuo (fig. 1, b2), vuoi per una non sufficiente conoscenza dei processi stessi e del loro funzionamento che deve essere necessariamente rafforzata (fig. 1, c2).
Costruire contesti capaci di apprendere
L’analisi effettuata sui processi di sviluppo delle conoscenze fa emergere due considerazioni e altrettante indicazioni di comportamento per le aziende.
La prima è relativa ai singoli contenuti che, seppur tradotti in strumenti manageriali adeguati, non possono considerarsi sufficienti a garantire un successo duraturo. È la qualità delle decisioni che in ultima analisi fa la differenza e, di conseguenza, perché le competenze possano essere alla base di decisioni efficaci, occorre lavorare sui processi e sulle persone, rendendo ancora più complesso e affascinante il ruolo di chi guida l’azienda.
La seconda è relativa alla lettura di queste relazioni, da farsi necessariamente anche in chiave dinamica. Nel processo di crescita delle aziende si ampliano i fronti da presidiare, le competenze di qualsivoglia natura evolvono costantemente e richiedono continuità di attenzione e di investimenti. Ecco allora che le aziende devono spostare la loro attenzione dallo sviluppo di singole competenze, alla costruzione di un “contesto favorevole all’apprendimento”, che sappia interpretare le esigenze derivanti dalle sfide da fronteggiare, che metta il sapere a servizio dei processi decisionali e nel quale l’efficace funzionamento dei processi stessi, con l’inevitabile confronto interno che si genera, diventi un ulteriore motore di sviluppo di conoscenza (fig. 1. c1).